Julian Budden (1924-2007)

Nato a Hoylake, vicino a Liverpool, il 9 aprile 1924, Julian Budden studia ‘Classics’ a Oxford (MA) e musica al Royal College of Music di Londra (Bmus). Nel 1951 entra alla BBC, prima come redattore dei testi per i conduttori, poi nel ruolo di Chief Producer of Radio Opera (1970-76) e infine di External Services Music Organiser (1976-83). Come musicologo è da considerarsi fra i piu` importanti e fecondi studiosi dell’opera italiana: «the finest scholar of nineteenth-century Italian opera of his generation» secondo Pierluigi Petrobelli e Roger Parker. Per i suoi meriti culturali è stato nominato Fellow della British Academy nel 1987 e OBE nel 1991.

Il 28 febbraio 2007, allorche´ la notizia della morte di Julian Budden si diffuse negli ambienti italiani e anglossassoni della musica e della musicologia, quotidiani, periodici specializzati, siti internet gli dedicarono molti necrologi, parecchi dei quali includevano la notizia che Julian era stato, dalla fondazione e fino a quel momento, il presidente del Centro studi Giacomo Puccini. È da questa notizia che voglio iniziare la nostra memoria.

Il 5 giugno del 1996 un piccolo gruppo di studiosi e amici – fra cui Julian – si ritrovarono davanti a un notaio di Lucca per sancire la nascita di un centro studi intitolato a Giacomo Puccini. Non ci fu esitazione su chi dovesse esserne il presidente; e Julian accetto` l’investitura con «semplicità e spirito di servizio», poiché – come ha ricordato Michele Girardi – non avrebbe potuto sottrarsi «alla sua stessa grandezza di studioso». Si avvertiva comunque in lui un briciolo d’emozione, o meglio una quasi esagerata percezione di responsabilità, a giudicare dal modo in cui replicoò sia al notaio che ‘pretendeva’ da lui l’esibizione del passaporto che egli non aveva con sé, sia alla sottoscritta che tentava di rimediare presentandolo come illustre esponente della BBC. Certo nel 1996 erano già trascorsi circa tredici anni da quando Julian aveva lasciato la BBC per dedicarsi interamente agli studi e aveva stabilito la propria residenza a Firenze. Parlava un italiano raffinato ed elegante, ma non aveva affatto abbandonato né la casa di Londra, né le abitudini britanniche!

Nel 1996 Julian Budden aveva già al suo attivo i tre volumi monumentali della monografia su Giuseppe Verdi, The Operas of Verdi, pubblicati tra il 1973 e il 1981 e in traduzione italiana dal 1985 al 1988 (il Verdi ‘breve’, uscito nel 1985 nella prestigiosa serie «The Master Musicians», vedrà altre due edizioni  – l’ultima, postuma, nel 2008 – e più edizioni in tedesco), oltre a una serie davvero imponente di saggi e di sempre brillanti interventi in Convegni internazionali.

Gli studi su Giacomo Puccini, che sarebbero poi stati coronati dalla monografia Puccini. His Life and Works (pubblicata da Oxford University Press nel 2002, ancora nella serie «The Master Musicians»), erano stati per Julian la naturale prosecuzione di quelli su Verdi; nel 1996 avevano dato già dei frutti fondamentali, da Wagnerian Tendencies in Italian Opera (1987) a The Genesis and Literary Source of Giacomo Puccini’s First Opera (1989), da The Musical World of the Young Puccini (1994) a La dissociazione del Leitmotiv nelle opere di Puccini (relazione al Convegno del 1994, pubblicata nel 1997). Gli interessi pucciniani di Budden erano sostanziati, al pari di quelli verdiani, da una conoscenza capillare e diretta delle opere e del loro contesto musicale. Come ha giustamente notato Petrobelli, è in questa conoscenza capillare e diretta del contesto, ovvero del teatro musicale ottocentesco, italiano e non solo, che in Julian si saldavano in modo particolarmente felice lo studioso (o meglio, lo scholar) e il producer glorioso della BBC, che aveva ‘riscoperto’ opere minori, sconosciute ai più, o aveva messo a confronto versioni diverse di opere celebri. Petrobelli ricorda di essere rimasto sorpreso, nei primi anni Settanta del Novecento, per aver letto nel palinsesto del programma di Julian titoli di opere di cui ignorava l’esistenza. Io posso aggiungere la meraviglia provata ogni volta che lui si metteva a canticchiare con la massima naturalezza un tema, un motivo di una di quelle opere di cui mi era noto appena il titolo.

Se la conoscenza, diretta e viva, della musica è l’elemento distintivo dei lavori di Budden, certo non si può passare sotto silenzio la conoscenza – anche questa diretta e viva – delle opere letterarie che sono servite da fonte per i vari libretti, compiuti o abbandonati a metà strada. Certo, in questa competenza di prima mano di tanta letteratura europea si scorgeva il frutto di una formazione inappuntabile, ma anche di una continua curiosità. Possiamo citare come esempio, nel capitolo su Manon Lescaut del suo Puccini (edizione inglese, p. 90), il gioco di parole riferito a una celeberrima canzone cantata da Marilyn Monroe, Diamonds are a Girl’s Best Friend? Probabilmente Julian era davvero un ragazzo, come ha scritto Davide Toschi alla notizia della morte. Un ragazzo sempre attivo: l’ultimo giorno era atteso a Parma per parlare del suo Puccini; e l’ultima edizione del Verdi ‘piccolo’ è uscita postuma, con le correzioni e aggiunte che aveva fatto appena in tempo a inviare alla redazione.

L’entusiasmo e la generosità non gli hanno mai fatto difetto: chi lo ha conosciuto personalmente e ha avuto la fortuna di frequentarlo e di averlo per amico sa che era sempre disposto a mettere a disposizione le proprie conoscenze e che si faceva volentieri trascinare in conversazioni di critica militante o in vere e proprie dissertazioni su problemi interpretativi. Non posso fare a meno di ricordare l’esperienza, bellissima e preziosa, che è stata per me la traduzione del suo Puccini. Mi è capitata la fortuna che molti traduttori possono soltanto sperare, ossia quella di controllare il testo, parola per parola, con l’autore: delle giornate intense di lavoro insieme a Julian ricordo con uguale emozione sia la difesa, ferma e nello stesso tempo cortese, del significato di alcune sue espressioni, sia la semplicità con cui accettava le mie correzioni di dati (del resto, ai tempi della BBC era stato capace di ammettere in trasmissione un abbaglio che lui e altri avevano preso credendo di aver trovato un inedito verdiano!).

Negli scambi personali, così come nelle pagine dei suoi libri, emergeva con evidenza l’amore per la materia che trattava. Julian amava la musica in genere, e l’opera in particolare. Forse proprio il suo essere anche musicista pratico (è stato per anni coach) e poi produttore sono stati i motivi per cui da studioso ha compiuto una scelta di campo così stravagante. Negli anni Sessanta del Novecento, in Inghilterra, i musicologi della sua generazione erano quasi tutti filo-tedeschi o filo-wagneriani. Quando Julian iniziò a studiare Verdi, di Verdi nel suo paese si eseguivano solo la cosiddetta ‘trilogia popolare’ e Aida, Otello e Falstaff. Si deve principalmente al suo impegno il fatto che oggi vi si esegua praticamente tutto.

Julian andava giustamente fiero – lo ha ricordato anche Michele Girardi – che il suo Puccini facesse parte della serie «The Master Musicians», una serie che lui aveva già ‘espugnato’ per Verdi quasi una ventina d’anni prima. Verdi e poi Puccini nell’empireo editoriale dei grandi compositori grazie a lui: fino ad allora i musicisti italiani ammessi erano Monteverdi e Vivaldi, successivamente si è aggiunto Rossini.

Come traslato degli interessi operistici Julian amava l’Italia, la ‘sua’ Firenze, e poi Parma, e infine Lucca; amava i paesaggi italiani, che fotografava per le cartoline d’auguri personalizzate agli amici inglesi, il clima, la cucina, che onorava senza preclusioni (mai dimenticheremo le mele che concludevano ogni suo pasto, anche nelle circostanze più esclusive!).

Amava anche il Centro studi Giacomo Puccini, che ha tratto stimoli e profitti inimmaginabili dal suo prestigio e dalla sua autorevolezza, così come dalla sua saggezza e dal suo equilibrio, e ne vigilava le sorti con fermezza e discrezione. Per amore del Centro riusciva a passar sopra anche al suono delle campane lucchesi all’alba: l’unica cosa dell’Italia (e della ‘musica’ italiana) che mostrava di detestare. Come presidente che gli è succeduto, so che senza di lui il Centro studi non è più lo stesso. Tutti avvertiamo la sua mancanza e con questa consapevolezza faremo quanto è nelle nostre capacità e possibilità per onorarne la memoria, cercando di mantenere vivo ciò che lui ha fatto vivere.

GABRIELLA BIAGI RAVENNI
Estratto da «Studi pucciniani», 4, 2010