Turandot e i suoi finali: letture e riletture di un'incompiuta

La Fondazione Festival Pucciniano, per il 61° Festival, aveva messo in cartellone Turandot con la interessante e nuova proposta di quattro diverse conclusioni dell’opera pucciniana: con la rappresentazione che si interrompe dopo la morte di Liù (come fece Arturo Toscanini il 25 aprile 1926 alla prima assoluta), con le due diverse versioni del finale composto da Franco Alfano (quella originale e quella abbreviata, la più conosciuta) e finalmente con il finale composto da Luciano Berio in anni più vicini a noi).

Per questa occasione importante, la Fondazione Festival Pucciniano aveva chiesto al Centro studi Giacomo Puccini di progettare un convegno che proponesse nuove riflessioni su un problema che è stato vivacemente dibattuto, dal 1926 a oggi: Puccini, se la morte non lo avesse colto a Bruxelles il 29 novembre 1924, sarebbe riuscito a portare a termine il finale, con i problemi, soprattutto drammaturgici, che comporta lo ‘sgelamento’ della principessa di ghiaccio? E come risolvono i problemi i compositori (non solo Alfano e Berio) che hanno assunto il difficile compito di completare la partitura? Le relazioni avrebbero offerto una nuova lettura dei documenti (gli schizzi che Puccini portò con sé a Bruxelles e che sono serviti come punto di partenza almeno ad Alfano e Berio, ma anche le lettere pucciniane degli ultimi mesi), una nuova analisi dei finali composti e una puntualizzazione sui meccanismi produttivi della prima assoluta di Turandot, per la scelta dei teatri, degli interpreti, dello scenografo e del costumista.

Sarebbero intervenuti Pierluigi Ledda, Kii-Ming Lo, Jürgen Maehder, Bruno Nicoli, Gabriella Olivero, Riccardo Pecci, Dieter Schickling, Marco Uvietta con il coordinamento di Virgilio Bernardoni e Gabriella Biagi Ravenni.

Il convegno è stato annullato perchè Turandot è stata eseguita solo con il finale corrente Alfano 2

Intervista a Bruno Nicoli: Il lavoro mai non langue dove regna Turandot