«Rinnovarsi o morire?»

Per l'incapacità dei collaboratori Puccini dovette farsi carico personalmente di elaborare la strategia drammatica della nuova opera La fanciulla del West, tratta da Belasco (The Girl of the Golden West). Il cammino verso il Metropolitan di New York (era il suo primo debutto all'estero) fu reso più tormentato dalla crisi familiare - la gelosia della moglie Elvira indusse la domestica al suicidio nel 1909 - e da una lunga indecisione circa la scelta del soggetto.
Tuttavia Puccini affrontò la crisi sperimentando forme d'espressione che fuoriuscissero dai contorni del verosimile, quasi a convergere sempre più verso poetiche che il teatro europeo dell'epoca già andava inverando sulle scene. Con l'ampliarsi della distanza fra la condizione sociale dei protagonisti e l'espressione musicale dei loro stati d'animo si dava una produttiva forzatura: di fatto, le istanze tardo-romantiche in materia di sentimento e passione venivano a calarsi in un tessuto realistico tale oramai solo di nome. La descrizione dell'ambiente, così importante nella partitura «americana», s'infittisce in corrispondenza dei punti nodali dell'intreccio - in special modo la partita a poker e la caccia all'uomo - tanto da ingenerare parossistici livelli di tensione concentrati in attimi cruciali. In questi scorci si prefigurano ulteriori contatti, sia pure mediati dalle differenze di culture e tradizioni, col nascente espressionismo. Comuni sono le radici che affondano nel teatro fin de siècle, che rivolse un rinnovato interesse all'animo umano come fonte di passioni e perversioni: ciò che poi indusse i musicisti a scegliere soggetti in cui il testo fosse mero veicolo dell'interiorità.
Il primo atto di Fanciulla ci presenta una vera folla di personaggi che Puccini gestì accentuando le responsabilità dell'orchestra come mai aveva fatto sinora. Tale scelta comporta una diminuzione del potere di connotazione dei motivi conduttori attinenti ai singoli, in un telaio concepito alla stregua di un'ampia esposizione sinfonica, dove tutto vive in funzione di un vigoroso sviluppo. L'ambizioso tentativo non può dirsi riuscito sotto ogni aspetto, soprattutto perché in più occasioni l'interesse della musica risulta prevaricante, ma negli atti successivi Puccini coglie il frutto di tale necessaria premessa. Particolarmente nella scena della partita a poker, dove la forza evocativa della piena orchestra fa pensare che Minnie viva un vero istante di follia, nel momento in cui possiede metaforicamente il suo amante dopo aver vinto la sua vita al gioco. Di nuovo è come se Puccini varcasse gli stretti confini di una coerente motivazione drammatica, per mettere a nudo quell'umana dimensione agitata dalle pulsioni più segrete, che nei palcoscenici europei era soggetto fra i più indagati di quegli anni. Ancor più teso e rigoroso l'inizio del terz'atto, con la grande scena dell'inseguimento di Johnson, dove la massa corale e i singoli seguono le cadenze dell'orchestra: lo scorcio, che si conclude con la cattura del bandito, si regge su un'introduzione lenta e quattro movimenti trattati con sofisticata tecnica sinfonica. Tutta la cantabilità di Fanciulla si concentra poi nelle ventuno battute di «Ch'ella mi creda libero e lontano», dove a differenza di Cavaradossi, Johnson declama il proprio addio alla vita preparandosi a morire davanti a tutti come un personaggio da fiaba.
La breve parentesi eroica offre una dinamica premessa al finale, dove Puccini si giocava la credibilità di tutta l'opera. Era necessario che la sua musica fosse persuasiva, giacché, come sarebbe lecito supporre tenendo conto solo della trama, la vicenda potrebbe plausibilmente concludersi con l'impiccagione di Johnson: in realtà, a differenza di Turandot in cui la netta affermazione dell'elemento tragico rende posticcia la scena finale, l'arrivo di Minnie sconvolge tutto e tutti (quasi esumando i finali dell'opéra à sauvetage) e interviene in un tessuto musicale accuratamente predisposto ad accogliere la soluzione positiva. Il finale è condotto con una logica stringente, con l'intento di provocare un'intensa commozione, ma resta l'impressione che l'interesse del musicista fosse rivolto a limare i meccanismi tecnici in grado di produrre il sentimento più che alla reale materia del dramma. Di conseguenza, l'emozione non viene qui suscitata dall'argomento, ma dal modo in cui esso viene trattato. L'alta qualità tecnica della musica che accompagna lo svolgimento del racconto ne mette a nudo la costruzione allegorica: dietro al concetto di redenzione, messo in enfasi fin dal preludio al primo atto, c'è un velleitario atto di fiducia nella forza dell'amore che conduce a superare ogni ostacolo.
L'intento del compositore fu sottomesso ad un talento oramai divenuto infallibile nell'immaginarsi visivamente la scena. Mai prima di Fanciulla lo si era potuto ravvisare con tanta ampiezza, vuoi nelle proporzioni inusitate degli episodi spettacolari, vuoi nell'incalzare fremente dell'azione nei punti chiave. Il naturale impulso di Puccini a trovare un nuovo e più avanzato equilibrio tra musica e mise en scène era dunque divenuto uno tra i presupposti della sua arte. Sotto questo aspetto egli si trovò in sintonia col cinema, che da pochi anni muoveva i primi passi. La Fanciulla non si limita a usare l'ambiente del gold rush come sfondo esotico, ma condivide col Western i classici meccanismi dello spettacolo, i contrasti manichei, la semplice morale. Inoltre, a livello intertestuale, Fanciulla è ulteriormente sorretta da molti riferimenti al teatro wagneriano, ivi compreso l'utilizzo alla lettera del motivo cromatico che apre il Tristano di Wagner nella scena del ferimento di Johnson (II atto); ciò mostra come Puccini in quel periodo fosse decisamente orientato verso tratti di pluristilismo: la vernice del Western e i suoi realistici corollari da un lato, e dall'altro il grande tema europeo ed occidentale, nonché un alone d'apologo che sovrasta il tutto.
Puccini dimostrò che la via del rinnovamento non passava dunque principalmente attraverso il soggetto, ma per l'evoluzione del linguaggio musicale. L'opera si avviava ad essere superata come genere di spettacolo, nei favori del grande pubblico, dall'affermazione del cinema, a cui nel 1910 mancava solo il sonoro per raggiungere la pienezza delle proprie possibilità. Prima di morire Alban Berg avrebbe tentato un'utopica conciliazione fra le due arti, concependo un interludio di Lulu come musica da film: Giacomo Puccini non arrivò a immaginare una collaborazione tra i media, ma all'idea di mescolanza, con ottimismo pari a quello del compositore austriaco circa le risorse dell'opera in musica, dette con Fanciulla del West uno dei contributi preliminari più importanti e vitali.