Cattedrale di S. Martino

Giacomo Puccini, dopo aver ricevuto il battesimo nella Casa natale con un’autorizzazione speciale, fu condotto in Cattedrale per il completamento dei riti battesimali.

In questa stessa Cattedrale tutti i suoi antenati avevano svolto una parte considerevole della loro attività, come organisti, compositori e concertatori. Vale la pena di ricordare che la chiesa era dotata allora di due splendidi strumenti, oggi disgraziatamente smontati, dei quali rimangono visibili le cantorie e le canne di facciata: uno quattrocentesco di Domenico di Lorenzo in cornu epistolae - a destra di chi guarda l’altar maggiore – l’altro seicentesco di Cosimo e Andrea Ravani in cornu evangelii – a sinistra.

In questa stessa cattedrale, per la Santa Croce del 1872, il giovane Giacomo fece il suo debutto professionale, come assistente del secondo coro, per un compenso di 3,72 lire. Tra le musiche in programma figurava un Mottettone di suo padre Michele. Dirigeva lo zio Fortunato Magi.

Nonostante le numerose istanze avanzate della mamma Albina, Giacomo non riuscirà mai a ottenere la carica di organista, occupata da un Puccini ininterrottamente per 124 anni – dal 1740 fino alla morte del padre Michele nel 1864 – per la scarsa capacità di valutazione dei membri di una commissione, cui l’Opera di S. Croce aveva demandato la decisione.

Diventato famoso e lontano da Lucca, Puccini ricordava sempre le sue prime partecipazioni e non mancava di interessarsi alle musiche che si eseguivano. Proprio di quelle parlava con l’amico Gustavo Giovannetti e nel settembre 1887 scriveva al cognato Raffaello Franceschini, con la sua consueta capacità di mescolare sacro e profano: «Ditemi che cosa c’è di nuovo a Lucca e che musiche fanno per Santa Croce e tutto ciò che è accaduto, morti, stupri, furti, adulteri, pecoreri».